è l’inno nazionale statunitense, il national anthem.
A differenza nostra gli anglosassoni hanno un forte senso della identità nazionale e un sacrale rispetto per le istituzioni e i simboli che le rappresentano.
Una delle colpe che il presidente con i capelli gialli pagherà per tutta la vita è proprio l’attacco dissacrante alle istituzioni, i giorni successivi allo spoglio elettorale, e l’assalto delle sue orde animalesche al Campidoglio con i piedi sulle scrivanie e le bandiere usate a mo’ di tovagliolo.
Un vilipendio alle istituzioni che il popolo americano non gli perdonerà mai.
Forse noi non riusciremo mai a capire la profondità di questo senso civico ma del resto è proprio in Italia che nelle aule parlamentari energumeni chiamati deputati hanno introdotto scatolette di tonno, cartelli da stadio e magliette da isola dei famosi, insomma roba da III C in gita scolastica. Ma non c’è da stupirsi.
Negli U.S.A. invece è diverso e tra i simboli sacri del popolo americano c’è ovviamente l’inno nazionale.
E così come noi lo cantiamo in piedi e con il dovuto rispetto solo allo stadio, sbeffeggiandolo o fregandocene altamente, invece, se lo ascoltiamo mentre stiamo al bar, oltre oceano quando suona l’inno, ovunque succeda e con chiunque sia presente, è sempre un momento di composta solennità o profonda emozione.
Non è estraneo a tutto ciò il mondo della musica e quando un cantante viene invitato a interpretare l’inno a uno degii eventi sportivi di spicco, qual’è per esempio il superbowl, l’emozione è quasi più grande di quella di vincere un Grammy.
Anche perchè l’inno U.s.a. è difficilissimo e mette a dura a prova le capacità di qualunque star della canzone per il salto di 2 ottave che c’è nella sua partitura.
Gli americani amano fare le classifiche su tutto, anche su quale gomma da masticare si appiccica più fortemente all’asfalto, e ovviamente ci sono tante classifiche sulle migliori interpretazioni del National anthem al Superbowl.
https://nypost.com/article/the-10-best-super-bowl-national-anthem-performances/
https://www.rollingstone.com/music/music-lists/super-bowl-national-anthems-whitney-houson-10706/
A distanza di trenta anni la vincitrice è solo e sempre lei, con una interpretazione quasi improvvisata, senza una grande preparazione, quasi buttata lì al centro del campo di gioco, all’ultimo minuto.
Con una partitura riadattata ad un tempo di 4/4 per consentirle di esplodere tutta la potenza della sua voce, ha cantato le sue parti così, senza sforzo, saltando da un’ottava all’altra con la stessa naturalezza con la quale un bimbo gioca con la sabbia e con un fa5 nell’acuto finale da far venire i brividi.
Lei sarà sempre così, lo disse pure Mina, baciata dal dono della inarrivabilità.
Whitney Houston.
(Il video è stato tratto dal seguente indirizzo youtube: https://youtu.be/uAYKTMQl7MQ)